martedì 31 marzo 2015

* MARANATHÀ * 1Gv 4, 8-12 *

*MARANATHÀ*
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*XXIV VOL. 12 APRILE 1928*

ANALOGIA TRA L'EDEN ED IL CALVARIO.
NON SI FORMA UN REGNO CON UN SOLO ATTO.
NECESSITÀ DELLA MORTE E RESURREZIONE DI
NOSTRO SIGNORE.
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     Stavo facendo il mio giro nel Fiat Divino ed accompagnavo il mio dolce Gesù nelle pene della sua passione e, seguendolo nel Calvario, la mia povera mente si è soffermata a pensare alle pene strazianti di Gesù sulla croce e Lui, muovendosi nel mio interno, mi ha detto:

   "Figlia mia, il Calvario è il nuovo Eden, dove venne restituito al genere umano ciò che perdette col sottrarsi alla mia Volontà. Analogia tra il Calvario e l'Eden. 

   Nell'Eden l'uomo perdette la grazia, sul Calvario l'acquista. Nell'Eden gli fu chiuso il Cielo, perdette la sua felicità e si rese schiavo del nemico infernale. 
Qui nel nuovo Eden, gli viene riaperto il Cielo, riacquista la pace, la felicità perduta, il demonio resta incatenato e l'uomo libero dalla sua schiavitù. 

     Nell'Eden si oscurò e ritirò il Sole del Fiat Divino e per l'uomo fu sempre notte, simbolo del Sole che si ritirò dalla faccia della terra nelle tre ore della mia tremenda agonia sulla Croce, perché non potendo sostenere lo strazio del suo Creatore, causa dell'umano volere, che con tanta perfidia aveva così ridotto la mia Umanità, il Sole, inorridito, si ritirò e come io spirai ricomparve di nuovo e continuò il suo corso di luce. 

    Così il Sole del mio Fiat, i miei dolori, la mia morte richiamarono di nuovo il Sole del mio Volere a regnare in mezzo alle creature. Sicché il Calvario formò l'aurora che chiamava il Sole del mio Eterno Volere a splendere di nuovo in mezzo alle creature.  L'aurora dice certezza che il Sole sta per uscire. 

     Così l'aurora che formai nel Calvario assicura, sebbene siano due mila anni circa, che chiamerà il Sole del mio Volere a regnare di nuovo in mezzo alle creature. Nell'Eden il mio amore restò sconfitto da parte delle creature, qui trionfa e vince la creatura. 

   Nel primo Eden l'uomo riceve la condanna a morte, dell'anima e del corpo, nel secondo resta sciolto dalla condanna e viene riconfermata la resurrezione dei corpi con la resurrezione della mia Umanità. 

     Ci sono molti rapporti tra l'Eden ed il Calvario. E ciò che l'uomo là perdette, qui lo riacquista. Nel regno dei miei dolori tutto vien ridato e viene riconfermato l'onore, la gloria della povera creatura, per mezzo delle mie pene e della mia morte. L'uomo col sottrarsi alla mia Volontà formò il regno dei suoi mali, delle sue debolezze, passioni e miserie.

     Ed io volli venire sulla terra, volli tanto soffrire, permisi che la mia Umanità fosse lacerata, strappata con le carni a brandelli, tutta piena di piaghe e volli anche morire, per formare, per mezzo di tante mie pene e morte, il regno opposto a tanti mali che si era formato la creatura.


    Un regno non si può formare con un atto solo, ma con molti e molti atti e quanto più atti, tanto più grande e glorioso si rende un regno. 
Sicché la mia morte era necessaria al mio amore. 

    Con la mia morte dovevo dare il bacio di vita alle creature e dalle tante mie ferite dovevo far sbucare tutti i beni, per formare il regno dei beni alle creature. Quindi le mie piaghe sono sorgenti da cui sgorgano i beni e la mia morte è sorgente da dove sgorga la vita a pro di tutti.

     E siccome era necessaria la morte, fu necessaria al mio amore la resurrezione, perché l'uomo, col fare la sua volontà, perdette la vita del mio Volere ed io volli risorgere per formare non solo la resurrezione dei corpi, ma anche la resurrezione della vita della mia Volontà in essi.

    Sicché se io non fossi risorto, la creatura non avrebbe potuto risorgere di nuovo nel mio Fiat, le sarebbe mancata la virtù, il vincolo della resurrezione nella mia e quindi il mio amore si sarebbe sentito incompleto, avrebbe sentito di poter far di più, ma senza farlo. 

    Onde sarei rimasto col duro martirio d'un amore non completato. 
Se poi l'uomo ingrato non se ne serve di tutto ciò che ho fatto, il male e tutto è suo, mentre il mio amore possiede e 
gode il suo pieno trionfo."


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domenica 29 marzo 2015

*L'UMANA VOLONTÀ INCAPACE DI FEDELTÀ * Is 49,15*

*L'UMANA VOLONTÀ 
INCAPACE DI FEDELTÀ*
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*IV VOL. 31 MARZO 1901* 

INCOSTANZA E VOLUBILITÀ. 
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    Questa mattina, sentendomi tutta amareggiata, mi vedevo ancora così cattiva che quasi non ardivo andare in cerca del mio sommo ed unico bene. 

    Ma il Signore, non guardando alle mie miserie, pure si è benignato di venire dicendomi: Figlia mia, è Me che vuoi, ebbene Io son venuto a rallegrarti, stiamoci insieme, ma rimaniamo in silenzio.” 

    Dopo essere stato un poco, mi ha trasportato fuori di me stessa e ho visto che la Chiesa festeggiava il giorno delle palme e Gesù, rompendo il silenzio, mi ha detto: Quanta volubilità, quanta incostanza! Come oggi gridarono “osanna” proclamandomi per loro re, un altro giorno gridarono “crocifigge, crocifigge”. 

    Figlia mia, la cosa che più mi dispiace è l’incostanza e la volubilità, perché questo è segno che la Verità non ha preso possesso di dette anime. 

    Ed anche in cose di religione può essere che trovi la sua soddisfazione, il proprio comodo e l’interesse, oppure perché si trova in quel partito, domani possono venir meno queste cose e si può trovare in mezzo ad altri partiti ed ecco che fuorviano dalla religione e senza dispiacere si danno ad altre sette. 

    Perché quando la vera luce della Verità entra in un’anima e s’impossessa d’un cuore, non è soggetta ad incostanza, anzi tutto sacrifica per amor suo e per farsi da Lei sola signoreggiare e con animo invitto disprezza tutto il resto che alla Verità non appartiene.

    E mentre diceva ciò, piangeva sulla condizione della generazione presente, peggiore d’allora, soggetta all’incostanza a seconda di come spirano i venti. 

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venerdì 27 marzo 2015

* STABAT MATER DOLOROSA * I SETTE DOLORI DELL'IMMACOLATA * Gv 19, 25-27 *

*STABAT MATER DOLOROSA*
I SETTE DOLORI DELL'IMMACOLATA
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*XII VOL. 17 GENNAIO 1921*

IL FIAT MIHI DELLA SANTISSIMA VERGINE EBBE LA STESSA POTENZA DEL FIAT CREATORE. IL TERZO FIAT SARÀ L'ESAUDIMENTO E IL COMPIMENTO DELLA PREGHIERA INSEGNATA PER GESÙ: IL FIAT VOLUNTAS TUA SICUT IN COELO ET IN TERRA.
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    Sentivo la mia povera mente immersa nel mare immenso del Volere Divino, dovunque vedevo l’impronta del Fiat, lo vedevo nel sole e mi sembrava che l’eco del Fiat nel sole mi portasse l’amore divino che mi dardeggia, che mi ferisce, che mi saetta.

    Ed io, sulle ali del Fiat del sole, salivo fino all’Eterno e portavo, a nome di tutta l’umana famiglia, l’amore che dardeggiava la Maestà Suprema, che lo feriva, che lo saettava e dicevo: “Nel tuo Fiat mi hai dato tutto questo amore e solo nel Fiat posso ridartelo.”

    Guardavo le stelle e vi vedevo il Fiat e questo Fiat mi portava nel loro dolce e mite scintillio l’amore pacifico, l’amore dolce, l’amore nascosto, l’amore compassionevole, nella stessa notte della colpa. 

    Ed io nel Fiat delle stelle portavo al trono dell’Eterno, a nome di tutti, l’amore pacifico per mettere pace fra Cielo e terra, l’amore dolce delle anime amanti, l’amore nascosto di tante altre, l’amore della creatura dopo la colpa quando ritorna a Dio. Ma chi può dire tutto ciò che capivo e facevo in tanti Fiat, di cui vedevo cosparsa tutta la Creazione? Andrei troppo per le lunghe, perciò faccio punto.”

    Onde il mio dolce Gesù mi ha preso le mani nelle sue e, stringendole forte, mi ha detto: Figlia mia, il Fiat è tutto pieno di vita, anzi la stessa vita e perciò da dentro il Fiat escono tutte le vite e tutte le cose. Dal mio Fiat uscì la Creazione, perciò in ogni cosa creata si vede l’impronta del Fiat.

    Dal Fiat Mihi della mia cara Mamma, detto nel mio Volere, che ebbe la stessa potenza del mio Fiat Creatore, uscì la Redenzione, sicché non c’è cosa della Redenzione che non contenga l’impronta del Fiat Mihi della mia Mamma. 

    Anche la mia stessa Umanità, i miei passi, le opere, le parole, erano suggellate dal Fiat Mihi di Lei; le mie pene, le piaghe, le spine, la croce, il mio sangue, il suo Fiat Mihi aveva l’impronta perché le cose portano l’impronta dall’origine donde sono uscite. 

    La mia origine nel tempo fu dal Fiat Mihi dell’Immacolata Mamma, perciò tutto il mio operato porta il segno del suo Fiat Mihi. Sicché in ogni ostia sacramentale c’è il suo Fiat Mihi; se l’uomo sorge dalla colpa, se il neonato è battezzato, se il Cielo si apre per ricevere le anime, è il Fiat Mihi della mia Mamma che segna, che segue e precede tutto. 

    Oh! potenza del Fiat, Lui sorge ad ogni istante, si moltiplica e si fa vita di tutti i beni. Ora voglio dirti perché ho chiesto il tuo Fiat, il tuo sì nel mio Volere. Voglio che la mia preghiera insegnata, il "Fiat Voluntas Tua sicut in coelo et in terra", questa preghiera di tanti secoli, di tante generazioni, abbia il suo esaudimento e compimento.

    Ecco perciò volevo un altro sì nel mio Volere, un altro Fiat contenente la potenza creatrice; voglio il Fiat che sorge ad ogni istante, che si moltiplica a tutti, voglio in un’anima il mio stesso Fiat che sale al mio trono e con la sua potenza creatrice porta in terra la vita del Fiat come in Cielo così in terra.

    Io, sorpresa ed annullata nel sentire ciò, ho detto: “Gesù, che dici? E Tu pure lo sai quanto sono cattiva ed inabile a tutto.” E Lui: “Figlia mia, è mio solito scegliere le anime più abiette, inabili e povere per le mie opere più grandi. La mia stessa Mamma nulla aveva di straordinario nella sua vita esteriore.

    Nessun miracolo, nessun segno aveva che la facesse distinguere dalle altre donne, il suo solo distintivo era la perfetta virtù, cui quasi nessuno faceva attenzione; e se agli altri santi ho dato il distintivo dei miracoli, ho fregiato altri con le mie piaghe, alla mia Mamma nulla, nulla, eppure era il portento dei portenti, il miracolo dei miracoli, la vera e perfetta crocifissa, nessun’altra simile a Lei.

    Io son solito fare come un padrone che ha due servitori: uno sembra gigante, erculeo, abile a tutto; l’altro piccolo, basso, inabile, sembra che non sappia far nulla, nessun servizio importante; se il padrone, lo tiene, è più per carità ed anche per farsene gioco. 

    Ora dovendo mandare un milione o un miliardo ad un paese, che fa? Chiama il piccolo, l’inabile, affida la grande somma e dice tra sé: Se l’affido al gigante, tutti gli faranno attenzione, i ladri lo assaliranno, lo possono rubare e se con la sua forza erculea si difenderà, può restare ferito, so che lui è bravo, ma voglio risparmiarlo, non voglio esporlo ad evidente pericolo. 

    Invece a questo piccolo, sapendolo inabile, nessuno farà attenzione, nessun potrà pensare che io possa affidargli una somma così importante perciò sano e salvo ritornerà. Il povero inabile si meraviglia che il padrone si fidi di lui mentre poteva servirsi del gigante e, tutto tremante ed umile, va a deporre la grande somma senza che nessuno si benigni di guardarlo e, sano e salvo, ritorna al suo padrone, più tremante ed umile di prima. 

    Così faccio Io, quanto più grande è l’opera che voglio fare, tanto più scelgo anime abiette, povere, ignoranti, senza alcuna esteriorità che possa additarle; il suo stato abietto servirà come sicura custodia dell’opera mia; i ladri della propria stima, dell’amor proprio non le faranno attenzione, conoscendo la sua inabilità e lei, umile e tremante, disimpegnerà l’ufficio da Me affidato, conoscendo che non essa, ma Io, ho fatto tutto in lei.

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domenica 22 marzo 2015

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IL REGNO DELLA MIA DIVINA VOLONTÀ

IN MEZZO ALLE CREATURE
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* LIBRO DI CIELO *
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IL RICHIAMO DELLA CREATURA NELL'ORDINE, AL SUO POSTO
E NELLO SCOPO PER CUI FU CREATA
DA DIO
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DIARIO DELLA SERVA DI DIO
LUISA PICCARRETA
LA PICCOLA FIGLIA DELLA
DIVINA VOLONTÀ
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*XX VOL. 10 DICEMBRE 1926*

COME LA VOLONTÀ DIVINA È UN ATTO CONTINUATO CHE MAI CESSA. COME LA VERGINE SI FECE DOMINARE DA QUEST'ATTO E FORMÒ IN SÉ LA SUA VITA. COME NELLE FESTE DELLA VERGINE IN CIELO SI FESTEGGIA LA DIVINA VOLONTÀ.
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 La mia povera mente nuotava nel mare interminabile dell’Eterno Volere ed il mio adorabile Gesù faceva vedere il prodigio più grande: la sua SS.ma Volontà mentre era così immensa, si restringeva nella creatura pur restando immensa, per dominarla e formare la sua vita in essa. La creatura che diventava immensa sotto un atto continuo di questa Volontà Divina era il miracolo dei miracoli ed il prodigio mai visto. 

E l’amabile Gesù, tutto bontà, mi ha detto: 


Figlia carissima del mio Volere, tu devi sapere che solo il mio Eterno Volere ha un atto continuato che mai cessa, quest’atto è pieno di vita e perciò dà vita a tutti, conserva tutto e mantiene l’equilibrio in se stesso ed in tutte le cose.

Solo Esso può vantarsi di possedere quest’atto continuo e di dar sempre vita, d’amare sempre sempre, senza cessare un istante. La mia stessa Umanità possedeva quest’atto continuato, perché in essa scorreva quest’atto continuato del Fiat Supremo; quanto durò la vita della mia Umanità sulla terra? Fu brevissima infatti, come compii ciò che era necessario per la Redenzione, me ne partii alla mia Patria Celeste, se restarono gli atti miei, fu perché erano animati dall’atto continuato della mia Volontà.

Invece la mia Volontà non si parte mai, è sempre al suo posto, preesistente, non interrompe mai il suo atto di vita su tutto ciò che da essa è uscito. Oh! Se la mia Volontà partisse dalla terra e da tutte le cose create, tutte le cose perderebbero la vita e si risolverebbero nel nulla. Perché la mia Volontà sul nulla creò tutte le cose e diede loro vita, ritirandosi, tutte perderebbero l’esistenza. 

Ora, vuoi tu sapere chi fu colei che si fece dominare da quest’atto continuo del mio Supremo Volere e che, non dando mai vita al suo, ricevette quest’atto continuo di vita di Volontà Divina, in modo da formare in Lei una vita tutta Divina ed a somiglianza del suo Creatore? 

Fu la Celeste Sovrana Regina. Essa, fin dal primo istante del suo immacolato concepimento, ricevette quell’atto di vita di Volontà Divina, per riceverlo continuamente in tutta la sua vita. Questo fu il prodigio più grande, il miracolo mai visto: la vita della Divina Volontà nell’Imperatrice del Cielo. Perché da un atto solo di vita di questo Fiat possono uscire cieli, soli, mari, stelle e tutto ciò che vuole.

     Sicché tutti gli atti umani messi di fronte ad un atto solo di vita di questa mia Volontà, sono come tante gocce d’acqua che si sperdono nell’oceano, come piccole fiammelle innanzi al sole, come atomi nel grande spazio dell’universo. Immagina tu stessa cosa possiede l’altezza dell’Immacolata Regina con questa vita di atto continuo di Volontà Divina formata in Lei! 

Questo fu il vero miracolo, il prodigio mai visto: la piccolezza della Sovrana Celeste racchiudeva in sé una vita Divina, una Volontà immensa ed eterna, che possiede tutti i beni possibili ed immaginabili. 

Perciò in tutte le feste con cui la Chiesa onora la Mamma mia, tutto il Cielo festeggia, glorifica, loda, ringrazia la Suprema Volontà, perché vede in Lei la sua vita come causa primaria per cui ottenne il sospirato Redentore. Quindi, poiché ebbe vita questo Fiat che dominò e regnò in Lei, (la Chiesa) si trova in possesso della Celeste Gerusalemme. 

Fu proprio la Volontà Divina che formò la sua vita in questa Eccelsa Creatura, che le aprì il Cielo chiuso dall’umana volontà. Perciò con giustizia, mentre festeggiano la Regina, festeggiano il Supremo Fiat che la fece Regina, regnò in Lei, formò la sua vita ed è causa primaria della loro eterna felicità. 

    Perciò una creatura che fa dominare la mia Volontà e le dà il campo libero di formare la sua vita in lei è il più grande dei prodigi, può muovere cielo e terra, perfino lo stesso Dio, è come se nulla facesse mentre fa tutto e solo essa può spuntare le cose più importanti, distruggere tutti gli ostacoli, affrontare tutto, perché una Volontà Divina regna in lei. 

E come per impetrare la Redenzione ci voleva tutta la Potenza del Fiat abitante nella creatura e per formarla ci voleva la mia Umanità che la possedeva, così per impetrare che venga il regno del mio stesso Fiat, ci vuole un’altra creatura che lo faccia abitare in lei, che gli dia campo libero di formare la sua vita.

   Affinché il mio stesso Volere, per mezzo di essa, compia l’unico ed il più importante prodigio: che venga a regnare come in Cielo così in terra. E perciò, essendo la cosa più grande che metterà l’equilibrio Divino nell’umana famiglia, faccio cose grandi in te.

   Accentro in te tutto ciò che è necessario e decoroso si sappia di questo mio Regno: il grande bene che vuole dare, la felicità di tutti quelli che vivranno in Esso; la sua lunga storia, il suo lungo dolore ed i tanti secoli. Perché mentre vuole venire a regnare in mezzo alle creature per renderle felici, esse non gli aprono le porte, non lo sospirano, non lo invitano e, mentre sta in mezzo a loro, non lo conoscono. 

Solo una Volontà Divina avrebbe potuto sopportare, con pazienza così invitta, di stare in mezzo ad esse per dare loro la vita e non essere neppure conosciuta. La mia Volontà è grande, interminabile ed infinita e dove essa regna vuole fare cose degne della sua grandezza, della sua Santità e della potenza che contiene. 

Perciò, sii attenta figlia mia, non si tratta di una cosa qualsiasi, di formare una santità, ma si tratta di formare un Regno alla mia Volontà adorabile e Divina”.

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