martedì 20 giugno 2017

«IL SILENZIO, I GEMITI DELLO SPIRITO SANTO → NEI SACRAMENTI»


«È MEGLIO RIMANERE IN SILENZIO ED ESSERE, CHE DIRE E NON ESSERE»
Sant’Ignazio di Antiochia

«Da quando, negli anni Cinquanta, lessi per la prima volta le Lettere di sant’Ignazio di Antiochia, mi è rimasto particolarmente impresso un passo della sua Lettera agli Efesini: «È meglio rimanere in silenzio ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare se si fa ciò che si dice. Uno solo è il Maestro che ha detto e ha fatto, e ciò che ha fatto rimanendo in silenzio è degno del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù può percepire anche il suo silenzio, così da essere perfetto, così da operare tramite la sua parola ed essere conosciuto per mezzo del suo rimanere in silenzio» (15, 1s.).
Che significa percepire il silenzio di Gesù e riconoscerlo per mezzo del suo rimanere in silenzio? Dai Vangeli sappiamo che Gesù di continuo ha vissuto le notti da solo «sul monte» a pregare, in dialogo con il Padre. Sappiamo che il suo parlare, la sua parola proviene dal rimanere in silenzio e che solo in esso poteva maturare. È illuminante perciò il fatto che la sua parola possa essere compresa nel modo giusto solo se si entra anche nel suo silenzio; solo se s’impara ad ascoltarla a partire dal suo rimanere in silenzio.
Certo, per interpretare le parole di Gesù è necessaria una competenza storica che ci insegni a capire il tempo e il linguaggio di allora. Ma solo questo, in ogni caso, non basta per cogliere veramente il messaggio del Signore in tutta la sua profondità. Chi oggi legge i commenti ai Vangeli, diventati sempre più voluminosi, alla fine rimane deluso. Apprende molte cose utili sul passato, e molte ipotesi, che però alla fine non favoriscono per nulla la comprensione del testo. Alla fine si ha la sensazione che a quel sovrappiù di parole manchi qualcosa di essenziale: l’entrare nel silenzio di Gesù dal quale nasce la sua parola. Se non riusciremo a entrare in questo silenzio, anche la parola l’ascolteremo sempre solo superficialmente e così non la comprenderemo veramente. 
Tutti questi pensieri mi hanno di nuovo attraversato l’anima leggendo il nuovo libro del cardinale Robert Sarah [Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – NDR]. Egli ci insegna il silenzio: il rimanere in silenzio insieme a Gesù, il vero silenzio interiore, e proprio così ci aiuta anche a comprendere in modo nuovo la parola del Signore. Naturalmente egli parla poco o nulla di sè, e tuttavia ogni tanto ci permette di gettare uno sguardo sulla sua vita interiore. A Nicolas Diat che gli chiede: «Nella sua vita a volte ha pensato che le parole diventano troppo fastidiose, troppo pesanti, troppo rumorose?», egli risponde: «… Quando prego e nella mia vita interiore spesso ho sentito l’esigenza di un silenzio più profondo e più completo… I giorni passati nel silenzio, nella solitudine e nel digiuno assoluto sono stati di grande aiuto. Sono stati una grazia incredibile, una lenta purificazione, un incontro personale con Dio… 
I giorni nel silenzio, nella solitudine e nel digiuno, con la Parola di Dio quale unico nutrimento, permettono all’uomo di orientare la sua vita all’essenziale» (risposta n. 134, p.156). In queste righe appare la fonte di vita del Cardinale che conferisce alla sua parola profondità interiore. È questa la base che poi gli permette di riconoscere i pericoli che minacciano continuamente la vita spirituale proprio anche dei sacerdoti e dei vescovi, minacciando così la Chiesa stessa, nella quale al posto della Parola nient’affatto di rado subentra una verbosità in cui si dissolve la grandezza della Parola. Vorrei citare una sola frase che può essere origine di un esame di coscienza per ogni vescovo: «Può accadere che un sacerdote buono e pio, una volta elevato alla dignità episcopale, cada presto nella mediocrità e nella preoccupazione per le cose temporali. Gravato in tal modo dal peso degli uffici a lui affidati, mosso dall’ansia di piacere, preoccupato per il suo potere, la sua autorità e le necessità materiali del suo ufficio, a poco a poco si sfinisce» (risposta n. 15, p. 19). 
Il cardinale Sarah è un maestro dello spirito che parla a partire dal profondo rimanere in silenzio insieme al Signore, a partire dalla profonda unità con lui, e così ha veramente qualcosa da dire a ognuno di noi.
Dobbiamo essere grati a Papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della Congregazione che è responsabile della celebrazione della Liturgia nella Chiesa. Anche per la Liturgia, come per l’interpretazione della Sacra Scrittura, è necessaria una competenza specifica. E tuttavia vale anche per la Liturgia che la conoscenza specialistica alla fine può ignorare l’essenziale, se non si fonda sul profondo e interiore essere una cosa sola con la Chiesa orante, che impara sempre di nuovo dal Signore stesso cosa sia il culto. Con il cardinale Sarah, un maestro del silenzio e della preghiera interiore, la Liturgia è in buone mani.»
Benedetto XVI  –  Città del Vaticano, nella settimana di Pasqua 2017

*XVIII VOL. 5 NOVEMBRE 1925*

I GEMITI DELLO SPIRITO SANTO NEI SACRAMENTI. 
RICAMBIO D’AMORE DELL’ANIMA.

      Stavo secondo il mio solito fondendomi nel Santo Voler Divino. E mentre, per quanto era a me possibile, cercavo di ricambiare col mio piccolo amore il mio Gesù, per tutto ciò che ha fatto nella Redenzione, il mio amabile e dolce amore Gesù, movendosi nel mio interno mi ha detto:

    “Figlia mia, con il tuo volo nella mia Volontà giungi in tutti i sacramenti da Me istituiti, scendi nel fondo di essi per darmi il tuo piccolo ricambio d’amore. Oh! Quante mie lacrime segrete vi troverai, quanti sospiri amari, quanti gemiti soffocati dello Spirito Santo. Il suo gemito è continuo alle tanti disillusioni del nostro amore. I sacramenti furono istituiti per continuare la mia Vita sulla terra in mezzo ai figli miei, ma ahimè! Quanti dolori. Perciò sento la necessità del tuo piccolo amore. Sarà piccolo, ma la mia Volontà me lo farà grande. Il mio amore non tollera, per chi deve vivere nella mia Volontà, che non si associ ai miei dolori e che non mi dia il suo piccolo ricambio d’amore per tutto ciò che ho fatto e soffro. Perciò figlia mia, vedi come geme il mio amore nei sacramenti.

     Se vedo battezzare il neonato, piango di dolore, perché mentre col Battesimo gli restituisco l’innocenza, ritrovo di nuovo il figlio mio, gli restituisco i diritti perduti sulla Creazione, gli sorrido d’amore e compiacenza, gli metto in fuga il nemico, affinché non abbia più diritto su di lui, lo affido agli angeli, tutto il Cielo gli fa festa. Ma subito il sorriso mi si cambia in dolore, la festa in lutto. Vedo che quel battezzato sarà un mio nemico, un novello Adamo, forse pure un’anima perduta. Oh! Come geme il mio amore in ogni Battesimo, specie poi se si aggiunge che il ministro che battezza non lo fa con quel rispetto, dignità e decoro che si conviene ad un sacramento che contiene la nuova rigenerazione. Ahi! Molte volte si sta più attenti ad una bagattella, ad una scena qualsiasi che ad amministrare un sacramento, sicché il mio amore si sente pungere dal battezzante e dal battezzato e geme con gemiti inenarrabili. Non vorresti tu dunque darmi per ogni Battesimo un ricambio d’amore, un gemito amoroso per far compagnia ai miei gemiti dolenti?

    Passa al sacramento della Cresima. Ahi! Quanti sospiri amari, mentre con la Cresima gli ridono il coraggio, gli restituisco le forze perdute rendendolo invincibile a tutti i nemici, alle sue passioni, viene ammesso nelle file delle milizie del suo Creatore affinché militi per l’acquisto della Patria Celeste, lo Spirito Santo gli ridona il suo bacio amoroso, gli prodiga mille carezze e si esibisce per compagno della sua carriera, ma molte volte si sente restituire il bacio del traditore, disprezzare le sue carezze e fuggire dalla sua compagnia. Quanti gemiti, quanti sospiri per il suo ritorno, quante voci segrete al cuore a chi fugge da Lui, fino a stancarsi per il suo dire! Macché, invano. Perciò, non vuoi tu mettere il tuo ricambio d’amore, il bacio amoroso, la tua compagnia allo Spirito Santo che geme per tanta sconoscenza?

    Ma non ti fermare, vola ancora e sentirai i gemiti angosciosi dello Spirito Santo nel sacramento della Penitenza. Quanta ingratitudine, quanti abusi e profanazioni da parte di chi lo amministra e da parte di chi lo riceve. In questo sacramento il mio sangue si mette in atto sopra il peccatore pentito per scendere sull’anima sua per lavarlo, per abbellirlo, sanarlo e fortificarlo, per restituirgli la grazia perduta, per mettergli nelle mani le chiavi del Cielo che il peccato gli aveva strappato, per suggellare sulla sua fronte il bacio pacifico del perdono. Ma, ahi! Quanti gemiti strazianti nel vedere avvicinarsi le anime a questo sacramento di penitenza senza dolore, per abitudine, quasi per uno sfogo del cuore umano. Altri, orribile a dirsi, invece d’andare a trovare la vita dell’anima, della grazia, vanno a trovare la morte, a sfogare le loro passioni. Sicché il sacramento si riduce ad una burla, una buona chiacchierata, ed il mio sangue, invece di scendere come lavacro, scende come fuoco che li sterilisce maggiormente. Sicché in ogni confessione il nostro amore piange inconsolabilmente, e singhiozzando ripete: ingratitudine umana, quanto sei grande, dovunque cerchi d’offendermi, e mentre ti offro la vita tu ricambi in morte la stessa vita che ti offro. Vedi dunque come i nostri gemiti aspettano il tuo ricambio d’amore nel sacramento della Penitenza.

     Il tuo amore non si arresti; percorri tutti i tabernacoli, ciascun’ostia sacramentale, ed in ogni ostia sentirai gemere lo Spirito Santo con dolore inenarrabile. Il sacramento dell’Eucaristia non è la sola vita loro che ricevono le anime, ma è la mia stessa Vita che si dà a loro, sicché il frutto di questo sacramento è formare la mia Vita in loro, e ogni comunione serve a far crescere la mia Vita, a svilupparla in modo da poter dire: “Io sono un’altro Cristo”. Ma, ahimè! Quanti pochi profittano, anzi quante volte scendo nei cuori e mi fanno trovare le armi per ferirmi, e mi ripetono la tragedia della mia Passione, e come si consumano le specie sacramentali, invece di pressarmi a restare con loro sono costretto ad uscire bagnato di lacrime, piangendo la mia sorte sacramentale, e non trovo chi quieti il mio pianto ed i miei gemiti dolenti. Se tu potessi rompere quei veli dell’ostia che mi coprono, mi troveresti bagnato di pianto conoscendo la sorte che mi aspetta nello scendere nei cuori. Perciò il tuo ricambio d’amore per ogni ostia sia continuo, per quietarmi il pianto, e rendere meno dolorosi i gemiti dello Spirito Santo.

     Non ti fermare, altrimenti non ti troveremo sempre insieme nei nostri gemiti e nelle nostre lacrime segrete, sentiremo il vuoto del tuo ricambio d’amore. Scendi nel sacramento dell’Ordine, qui sì, troverai i nostri più intimi dolori nascosti, le lacrime più amare, i gemiti più strazianti. L’Ordine costituisce l’uomo ad un’altezza suprema, d’un carattere divino, il ripetitore della mia Vita, l’amministratore dei sacramenti, il rivelatore dei miei segreti, del mio Vangelo, della scienza più sacra, il paciero tra il Cielo e la terra, il portatore di Gesù alle anime. Ma ahimè! Quante volte vediamo nell’ordinato che sarà un nostro Giuda! Un usurpatore del carattere che gli viene impresso. Oh! Come lo Spirito Santo geme nel vedere nell’ordinato strapparsi le cose più sacre, il carattere più grande che esiste tra il Cielo e la terra. Quante profanazioni! Ogni atto di quest’ordinato fatto non secondo il carattere impresso, sarà un grido di dolore, un pianto amaro, un gemito straziante. 

     L’Ordine è il sacramento che racchiude tutti gli altri sacramenti insieme, perciò se l’ordinato saprà conservare in sé integro il carattere ricevuto, metterà quasi in salvo tutti gli altri sacramenti; sarà lui il difensore ed il salvatore dello stesso Gesù. Perciò, non vedendo questo nell’ordinato, i nostri dolori si accentrano di più, i nostri gemiti si rendono più continui e dolenti. Perciò, scorra il tuo ricambio d’amore in ogni atto sacerdotale per far compagnia all’amore gemente dello Spirito Santo.

    Presta l’orecchio del tuo cuore e ascolta i nostri profondi gemiti nel sacramento del Matrimonio. Quanti disordini in esso! Il Matrimonio fu elevato da Me come sacramento per mettervi in esso un vincolo sacro, il simbolo della Trinità Sacrosanta, l’amore divino che Essa racchiude, sicché l’amore che doveva regnare nel padre, madre e figli, la concordia, la pace, doveva simboleggiare la Famiglia Celeste. Onde dovevo avere sulla terra tante altre famiglie simili alla Famiglia del Creatore, destinate a popolare la terra come altrettanti angeli terrestri, da ricondurli a popolare le regioni Celesti. Ma, ahi! Quanti gemiti nel vedere formare nel matrimonio famiglie di peccato, che simboleggiano l’inferno con la discordia, col disamore, con l’odio, che popolano la terra come tanti angeli ribelli che serviranno a popolare l’inferno. Lo Spirito Santo geme con gemiti strazianti in ogni matrimonio, nel veder formare sulla terra tanti covi infernali. Perciò il tuo ricambio d’amore in ogni matrimonio, in ogni creatura che viene alla luce, così il tuo gemito amoroso renderà meno dolenti i nostri gemiti continui.

    I nostri gemiti non sono finiti ancora, perciò il tuo ricambio d’amore giunga sul letto del morente quando viene amministrato il sacramento della Estrema unzione [o “Unzione degli infermi” – NDR]. Ma ahi! Quanti gemiti, quante nostre lacrime segrete! Questo sacramento contiene la virtù di mettere in salvo a qualunque costo il peccatore morente, è la conferma della santità ai buoni e ai santi, è l’ultimo vincolo che mette, con la sua unzione, tra la creatura e Dio, è il suggello del Cielo che imprime nell’anima redenta, è l’infusione dei meriti del Redentore per arricchirla, purificarla e abbellirla, è l’ultima pennellata che dà lo Spirito Santo per disporla a partire dalla terra per farla comparire innanzi al suo Creatore.

     Insomma, con l’Estrema unzione è l’ultimo sfoggio del nostro amore e l’ultima rivestitura dell’anima, è l’assestamento di tutte le opere buone, perciò agisce in modo sorprendente nei vivi alla Grazia. Con l’Estrema unzione l’anima viene coperta come da una rugiada celeste che le smorza come d’un solo fiato le passioni, l’attacco alla terra e a tutto ciò che non appartiene al Cielo. Ma ahimè! Quanti gemiti, quante lacrime amare, quante indisposizioni, quante trascuratezze, quante perdite di anime, quante poche santità trova da confermare, quante scarse opere buone da riordinare e rassettare. Oh! Se si potesse sentire da tutti i nostri gemiti, il nostro pianto sul letto del morente nell’atto di amministrare il sacramento dell’Estrema unzione, tutti piangerebbero di dolore. Non vuoi tu dunque darci il tuo ricambio d’amore per ogni volta che viene amministrato questo sacramento, che è l’ultimo sfoggio del nostro amore verso la creatura? La nostra Volontà ovunque t’aspetta per avere il tuo ricambio d’amore e la compagnia ai nostri gemiti e sospiri”.


*

FIAT VOLUNTAS TUA

Nessun commento:

Posta un commento

FIAT VOLUNTAS TUA